
La scuola, uno dei luoghi tra i più sicuri
La curva dei contagi e la scuola
Secondo uno studio condotto da una squadra di epidemiologi, medici, biologi e statistici – tra cui Sara Gandini, Senior Staff Scientist della Divisione di Epidemiologia e Biostatistica dello IEO (Istituto Europeo di Oncologia) di Milano sembra decisamente chiaro che la scuola in presenza non è responsabile della crescita dei contagi, anzi risulta essere uno dei luoghi più sicuri. L’analisi ha preso in considerazione i dati del Miur, incrociati con quelli delle Ats e della Protezione Civile su 7,3 milioni di studenti e 770 mila insegnanti, con una copertura del 97%. Questo dato risulta ancora più evidente se si confrontano le scuole italiane, rimaste chiuse più a lungo, con quelle degli altri Paesi europei, che invece non hanno subito una chiusura così netta e feroce.
Scuola e società
Inoltre, il tasso di positività dei ragazzi, rispetto al numero di tamponi eseguito, risulta inferiore all’1% ed è importante anche sottolineare che, con la riapertura delle scuole, non si è di fatto verificata una crescita della curva pandemica e “la loro chiusura totale o parziale, ad esempio in Lombardia e Campania, non influisce minimamente sui famigerati indici Kd e Rt” spiega la Gandini. “I giovani contagiano il 50% in meno rispetto agli adulti, veri responsabili della crescita sproporzionata della curva pandemica. E questo si conferma anche con la variante inglese”, e anche la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante; infatti, è quattro volte più frequente che gli insegnanti si contagino tra loro che con i discenti; per cui, aveva affermato l’epidemiologa in un’intervista a fanpage.it riguardo le scuole, “è grave che siano ancora chiuse, la didattica a distanza ha effetti a catena su tutta la società”.
Le conseguenze della DDI
Questi effetti a catena riguardano in primis gli studenti che stanno perdendo una porzione importante e fondamentale della propria vita, sostituendola con un metodo di studio sì all’avanguardia, ma che limita i loro rapporti sociali e li chiude sempre più in un mondo individuale dove è limitato il confronto, il dialogo e dove prende piede quel disagio psicologico che li disorienta davanti agli altri, rendendoli meno empatici verso i propri compagni e portandoli a un sempre più profondo isolamento che genera ansia e depressione e ne limita le attività sia personali e sia di aiuto in ambito domestico. Inevitabilmente, il contatto e la simbiosi con la tecnologia creano una sorta di immobilità e anche di pigrizia, che costringe i ragazzi a trascorrere il tempo sul divano o sul letto. Ancora peggio se si innescano le paure, come la cosiddetta “sindrome della capanna o del prigioniero”, ovvero la paura di abbandonare la propria casa, vissuta come unico luogo sicuro dal pericolo esterno, in questo caso della pandemia, unita alla paura di contagiare se stessi o i propri cari. Al contrario, per altri il problema può essere inverso, vale a dire la convivenza forzata in un ambiente famigliare problematico o pericoloso.
La stessa Save the Children ha recentemente presentato i risultati di un’indagine condotta da Ipsos che valutano gli stati d’animo, i pensieri e le aspettative di un campione di mille studenti entro i 18 anni: “La sfera della socialità ha subìto di sicuro un impatto importante a causa della lontananza da scuola: per quasi 6 studenti su 10 (59%) la propria capacità di socializzare ha avuto ripercussioni negative, così come il proprio umore (57%). Gli adolescenti dicono di sentirsi stanchi (31%), incerti (17%), preoccupati (17%), irritabili (16%), ansiosi (15%), disorientati (14%), nervosi (14%), apatici (13%), scoraggiati (13%), stati d’animo di cui parlano prevalentemente con la famiglia (59%) e gli amici (38%), ma che per più di uno su cinque rimangono un pesante fardello da tenersi dentro, senza condividerlo con nessuno (22%). Se quasi un quarto degli adolescenti (23%) dichiara che, in questo anno di pandemia, ha capito che uscire non è poi così importante e che si possono mantenere le relazioni anche online, uno schiacciante 85% afferma invece di aver compreso quanto sia importante uscire con gli amici, andare fuori e relazionarsi dal vivo”.
Per quanto sia penoso dirlo, stiamo perdendo i nostri ragazzi, abbandonati a se stessi nel periodo di formazione più importante della propria vita. La scuola è importante e necessaria per questo passaggio, considerando il numero delle ore che gli studenti ci trascorrono durante l’arco di una giornata, soprattutto in quei casi dove diventa un luogo sicuro che li allontana dagli stimoli o dai rischi esterni.
Marianna Zito