
Lavoro, diffuso il Rapporto 2020: la pandemia ha colpito soprattutto donne, giovani e stranieri
Il punto sulle conseguenze della pandemia tracciato da Ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal. Nei primi 9 mesi del 2020 persi 470 mila posti di lavoro, uno “choc improvviso e senza precedenti”.
L’emergenza Covid-19 ha condizionato in maniera cruciale gli sviluppi dell’economia e della società, in Italia come nel mondo intero. L’emergenza sanitaria e la conseguente sospensione delle attività di interi settori produttivi hanno rappresentato anche nel nostro Paese “uno shock improvviso e senza precedenti sulla produzione di beni e servizi e, di conseguenza, sul mercato del lavoro”. In particolare, nel secondo trimestre 2020 si è assistito a un crollo dell’attività economica, seguito da un recupero – per certi aspetti superiore alle aspettative – nel terzo trimestre e una nuova riduzione nel quarto dovuta alla recrudescenza della diffusione dei contagi. È quanto rileva il Rapporto annuale sul mercato del lavoro 2020, frutto della collaborazione tra Ministero del Lavoro, Istat, Inps, Inail e Anpal.
L’impatto pandemico
L’impatto più evidente della pandemia è quello generale sulla riduzione di occupati e ore lavorate. Queste ultime hanno registrato una diminuzione congiunturale del 7,7% nel primo, del 15,1% nel secondo trimestre e un rimbalzo del 21% nel terzo trimestre. “In totale, nei soli primi tre trimestri del 2020 rispetto all’analogo periodo del 2019 sono andate perdute 3,9 miliardi di ore lavorate. In termini di Ula (Unità di lavoro a tempo pieno) e di posizioni lavorative nella media dei primi tre trimestri del 2020 la riduzione è stata di 2,4 milioni e 623 mila rispettivamente; in oltre nove casi su dieci il calo riguarda il settore dei servizi”. Nella media dei primi tre trimestri del 2020, secondo la Rilevazione sulle forze di lavoro, gli occupati sono diminuiti di 470 mila unità (-2,0% rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente), tornando poco sopra ai livelli del 2016. Contestualmente si registra un calo di 304 mila disoccupati e un deciso aumento di inattivi tra 15 e 64 anni che salgono di 621mila unità.
Le categorie più colpite dalla pandemia
Le categorie più colpite dall’emergenza sanitaria sono quelle che già erano contraddistinte da condizioni di svantaggio. Si tratta in particolare delle donne, dei giovani e degli stranieri che sono stati penalizzati perché più spesso occupano posizioni lavorative meno tutelate, per giunta nei settori e nei tipi di impresa che sono stati investiti più duramente dalla crisi. La caduta del tasso di occupazione è stata quasi il doppio tra le donne rispetto agli uomini (-1,3 contro -0,7 punti percentuali) e più forte per gli under 35 (-1,8 punti contro -0,8 dei 35-49enni e -0,3 punti per gli over 50) e per gli stranieri, per i quali il valore dell’indicatore scende al di sotto di quello degli italiani. In generale, a trainare il calo dell’occupazione nel primo anno di pandemia è stato il lavoro a termine (-394 mila, -12,9% nella media dei primi tre trimestri) e il lavoro autonomo (-162 mila, -3%), mentre quello a tempo indeterminato risulta in lieve aumento (+86 mila, +0,6%).
Nel complesso, si legge ancora nel Rapporto, “le misure di policy messe in campo per fronteggiare gli effetti della pandemia (in primo luogo la Cig) hanno mitigato l’impatto negativo sull’occupazione, scaricandone gli effetti sulle ore lavorate, la cui riduzione, molto più pronunciata, è dovuta principalmente alla diminuzione delle ore pro capite lavorate”. Tra marzo e settembre sono stati più di 6 milioni i lavoratori che hanno avuto almeno un trattamento di Cassa integrazione, con un numero medio di ore integrate pari a 263. Il picco di lavoratori sospesi è stato registrato nel mese di aprile: 5,3 milioni con una media pro capite di 108 ore integrate. Un trend che a settembre ha registrato un rallentamento (i cassintegrati sono risultati poco meno di un milione), rileva il rapporto, “alla stessa data, oltre 10 milioni risultano i beneficiari effettivi”.
Modalità di prestazioni lavorative
L’emergenza ha prodotto anche un mutamento repentino della modalità di erogazione della prestazione lavorativa che è stata resa, laddove possibile, da remoto (lavoro agile, telelavoro, altre modalità). La digitalizzazione e il distanziamento sociale hanno concorso a produrre una nuova segmentazione nel mercato del lavoro, distinguendo tra chi può lavorare da casa e chi, per la natura della prestazione, è strettamente legato al luogo di lavoro. In tale contesto, gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali risultano nettamente in calo per il ridimensionamento dell’esposizione al rischio. La pandemia ha creato una nuova generazione di infortuni, quelli da contagio da Covid-19, che hanno in parte compensato la riduzione delle complessive denunce tradizionali e, per l’importante letalità dell’evento, aggravato il numero degli infortuni mortali. L’emergenza sanitaria, ancora in corso, determina una situazione di incertezza sui tempi e sulle modalità della ripresa economica. In ogni caso, le ripercussioni, secondo il Rapporto, “saranno di lungo periodo e potrebbero comportare anche cambiamenti strutturali e permanenti del sistema economico”.
Anna Tauro